1000654_1774123362838689_2245848142067005840_nIl Ministero della Salute ha ripreso la sua campagna per la fertilità, riuscendo nell’incredibile impresa di peggiorarla grazie a una grafica anni ’90 che manda un messaggio anni ’50. Sull’argomento è stato detto tanto, così tanto che appare quasi inspiegabile il fatto che abbiano voluto insistere su questa linea. Del resto ci sarebbe da chiedersi cosa ci faccia una come la Lorenzin, che non è né medico, né sociologo, né psicologo, a dirigere un dicastero importante come questo. Sono state soprattutto le donne a sentirsi offese dall’ennesima iniziativa, legge o affermazione che mira a imporre loro il modo di comportarsi, vestirsi, gestire il proprio tempo o il proprio corpo. Anche il tempismo dell’iniziativa non appare felice, inserendosi tra la discussione sull’opportunità di una legge contro il femminicidio e quella sul burkini.

Nel frattempo, a Matera, nella splendida cornice del complesso rupestre di Madonna delle Virtù, nel Popolo di Statue di Pietro Guida ci sono numerose donne che affermano con orgoglio la propria libertà. Le statue scelte per la mostra non sono legate ad un singolo tema né riescono a rappresentare un’antologia completa del prolifico e longevo autore. Sono state infatti selezionate in modo da integrarsi perfettamente con il contesto. Operazione perfettamente riuscita, ad esempio, con “Orfeo ed Euridice” (nella foto di Giuseppe Manzi qui sotto), rappresentati da Guida in abiti moderni, a voler affermare la valenza contemporanea dei messaggi veicolati dai miti. Io, comunque, sono convinto che il Maestro sia affascinato dalle figure femminili dotate di forte personalità, che provengano dalla vita di tutti i giorni, dalla canzone napoletana (Cicirinella), dal racconto biblico (Salomé) o dalla mitologia greca.

I due amanti emergono dalle profondità del sottosuolo (foto G. Manzi).

 

Penso, in particolare, alla sua versione di un mito già rappresentato da autori di varie epoche (celeberrima quella del Bernini), Apollo e Dafne.

Dafne era una naiade, una ninfa dei fiumi della Tessaglia, forse la più bella creatura dei suoi tempi. La sua bellezza, però, le attirò le attenzioni del dio Apollo, che, secondo il mito, “se ne innamorò”. Se il Dio dei cristiani ha creato l’uomo “a sua immagine e somiglianza” ma, di fatto, è un essere perfetto e onnipotente, dunque tutto fuorché umano, gli dei greci risultano molto più umani, vivendo le loro stesse passioni ed emozioni e riflettendo perfettamente, dunque, la società che li ha venerati, . Da bravi maschi greci, quando Apollo, Zeus (noto per la sua ossessione nella procreazione e per le sue numerose perversioni sessuali) e compagni si “innamoravano” di una fanciulla, non si preoccupavano certo di verificare se la fortunata ricambiasse effettivamente la loro passione. Sono numerosi dunque i miti in cui l’oggetto dei desideri fugge via davanti alle rudi avances del Dio.

Il ruolo della donna nella società greca, infatti, era lo stesso che, secondo quanto sembra suggerire la campagna della Lorenzin, dovrebbe avere oggi, ossia quello di essere moglie e madre, fornendo nuovi membri attivi alla società e badando al focolare domestico.

Col suo rifiuto, dunque, Dafne rappresenta un modello negativo nell’immaginario che l’ha generata, al pari di altre figure come Atalanta. A me, invece, il suo coraggio e la sua determinazione appaiono come un modello da seguire. Nell’affermare con forza la sua libertà di scegliere cosa fare del suo corpo e della sua vita, Dafne preferisce diventare un albero di alloro, grazie all’aiuto dei suoi divini genitori.

Una fine tragica, come da tradizione greca, ma non troppo: una ninfa è già parte integrante della natura, e come albero Dafne fortifica il legame con essa, pur passando dalla mobilità dell’acqua, suo elemento naturale, alla staticità delle piante e dei boschi. Apollo, d’altro canto, forse commosso dal gesto della naiade, resterà per sempre legato al suo ricordo, adottando l’alloro come suo simbolo per eccellenza.

 


La mostra, bellissima, fa parte della rassegna “Le Grandi Mostre nei Sassi” del Circolo La Scaletta.
A detta di molti, è una delle migliori mai realizzate negli ultimi anni nell’ambito della stessa rassegna, raggiungendo gli oltre 20.000 visitatori, di certo attirati anche dallo splendido contenitore in cui è ospitata. Sicuramente rappresenta il miglior uso possibile del cemento nei Sassi di Matera.
È ancora visitabile fino a Novembre 2016, pagando il biglietto d’ingresso (5€ l’intero, 3,5€ il ridotto, 2€ per chi è accompagnato da una guida autorizzata – se ve ne serve una, contattatemi!).

Altre info su www.caveheritage.it

Alla prossima!